Storia delle insegne luminose: dall’epoca romana ad oggi

La pubblicità simbolica affonda le sue radici nella storia antica, quando simboli incisi o dipinti posizionati all’ingresso delle abitazioni indicavano la disponibilità di beni per lo scambio di prodotti tra tribù.
L’incremento del commercio intensificò la competizione, rendendo cruciale l’informazione sui prodotti e la loro disponibilità. 

Gli “strilloni” furono i primi mezzi pubblicitari, con i commercianti che, attraverso insegne identificative, attiravano l’attenzione sui loro beni in luoghi fissi di vendita, segnando l’inizio della pubblicità commerciale. Documenti storici che risalgono al 3000 a.C. mostrano l’uso di segni pubblicitari su pietra e mattoni, evidenziando l’evoluzione nel tempo.  

Per oltre 4.000 anni le civiltà antiche, dall’Egitto a Roma, utilizzavano insegne di varie forme e materiali, come dipinti, sculture o terracotta. A Roma, ad esempio, installazioni come cespugli di edera venivano associate a Bacco, Dio del vino, per identificare le taverne. 

Con l’espansione del commercio post-medievale, le insegne in Inghilterra, Francia e Italia divennero espressioni culturali e artistiche. Fino al XVIII secolo, rappresentavano l’unico mezzo pubblicitario, riflettendo le culture commerciali.

 

La rivoluzione delle insegne luminose 

L’inizio delle insegne luminose risale al 1300 in Inghilterra, quando ai proprietari di pub venne richiesto di esporre segni identificativi. Questa pratica si diffuse a partire dal XVII secolo in tutta Europa, dove simboli specifici venivano associati a diverse attività commerciali, come ad esempio la Bibbia per i negozi di libri o la chiave per i fabbri. 

Successivamente, l’uso dei nomi per le attività si affiancò a questi oggetti, semplificando l’identificazione per i clienti. 

A Parigi nel XVII secolo, i commercianti cercavano di attirare i passanti con insegne sempre più imponenti, portando nel 1761 all’introduzione di regolamenti per ancorare le insegne alle pareti e limitarne la sporgenza.  

Questa evoluzione, inoltre, va di pari passo con un movimento sempre maggiore di persone da un Paese all’altro, e un’intressamento crescente al commercio al dettaglio.

 

Quando compaiono le prime insegne? 

Il 1840 segnò l’inizio dell’uso dell’illuminazione a gas nelle insegne, per pubblicizzare il Museo di P.T. Barnum, sostituita successivamente dalla lampadina elettrica. 

Circa 40 anni dopo, nel 1881, a Londra, la prima insegna elettrica con lampade a incandescenza portava la scritta “EDISON”, inaugurando l’era delle insegne luminose. 

In quegli anni, però, divennero gli Stati Uniti i pionieri dell’illuminazione notturna; nel 1891 a New York sorse il primo grande cartellone pubblicitario illuminato, alto 15 metri e largo 25, con 1.457 lampade e l’iscrizione “MANHATTAN BEACH SWEPT BY OCEAN BREEZES”. 

Dal XX secolo in poi, negli Stati Uniti, l’utilizzo delle insegne elettriche si diffuse sempre più, riconoscendo l’efficacia economica rispetto ad altri mezzi pubblicitari tradizionali.  

A Chicago, nel 1900, nacque la Federal Electric Company, mentre nel 1905 la Commonwealth Edison pubblicò un opuscolo che sottolineava il ruolo pubblicitario delle insegne luminose. 

Nel 1906, gli Stati Uniti contavano circa 75.000 insegne luminose e, dopo qualche anno, nel 1910, a New York una spettacolare insegna con 20.000 lampadine colorate, 70.000 connessioni e 2.750 interruttori, rappresentante dei cavalli in movimento, attraeva numerose folle notturne fino a quando un cambiamento urbanistico ne pose fine all’esposizione.

 

Le insegne neon e la pubblicità 

Oggi piccadilly circus a londra e times square a manhattan sono i punti di riferimento mondiali per la pubblicità luminosa, che attira in queste sue particolari conformazioni centinaia di migliaia di turisti. 

Ma quando il neon fece la sua comparsa nel commercio mondiale? È nel XX secolo che si aprono nuovi e affascinanti percorsi, interrompendo la predominanza delle insegne dipinte a mano e l’utilizzo delle lampadine ad elettricità.  

Un’invenzione che rivoluziona completamente il panorama pubblicitario e urbano, il neon, attribuito alla scoperta di Georges Claude, ma con l’intuizione per l’uso pubblicitario da parte del suo collaboratore Jacques Fonseque. 

Fu proprio Fonseque ad installare la prima pubblicità al neon nel 1912 a Parigi, promuovendo il barbiere “Palais Coiffeur”.  

Tuttavia, negli anni ’20 e ’30, la capitale delle insegne luminose si trasferì a Londra; con l’introduzione di mercurio e sodio per rivestire i tubi di neon con polvere fluorescente, la gamma di colori disponibili si ampliò sempre di più, trasformando la città in un vivace e colorato caleidoscopio. 

Ben presto il successo del neon divenne internazionale; Nel 1906, gli Stati Uniti contavano circa 75.000 insegne luminose.

 

A cosa si deve la popolarità del neon nell’ambito della comunicazione visiva? 

Sicuramente fra i fattori più importanti ci sono la duttilità nell’adattarsi a forme diverse, la possibilità di combinare immagini e parole, il gioco che la luce crea con lo spazio e con i colori, e per ultimo – ma non meno importante – un materiale che è punto d’incontro tra la realizzazione artigianale e la produzione industriale.
Questi fattori consentono al neon di trasmettere messaggi in modo potente e coinvolgente, creando atmosfere suggestive e distinguendosi come un mezzo autentico e versatile nella comunicazione visiva. 

 

Dal boom del neon al successo del LED 

Le insegne luminose a LED sono ormai una presenza comune nel nostro quotidiano, decorando farmacie e impreziosendo centri commerciali. Questa diffusione segna un cambio significativo rispetto al predominio a lungo detenuto dalle scritte al neon. 

L’adozione diffusa delle insegne luminose a LED per esterni è una tendenza recente, con le prime versioni risalenti quasi allo stesso periodo delle lampade al neon. 

Le prime ricerche su questa tecnologia risalgono al 1907 con Henry Joseph Round, ma le sue potenziali applicazioni sono rimaste a lungo oscure. Solo nel 1961, Gary Pittman e Bob Biard della Texas Instruments hanno creato le prime lampade al LED, seguite dai LED colorati negli anni ’70, utilizzati sia nelle insegne luminose che nelle telecomunicazioni. 

Inizialmente costosi, questi dispositivi hanno ricevuto un impulso negli anni ’70 grazie alla Fairchild Semiconductors, che sviluppò un processo di produzione più economico, riducendo il costo delle lampade a 5 centesimi l’unità. 

Con il progresso, divennero luminosi e bianchi, emettendo una luce intensa con basso consumo energetico 

Rispetto alle scritte al neon, le insegne al LED generano più lumen per watt, garantendo un significativo risparmio, sebbene inizialmente soggette a problemi di durata e sensibilità alle temperature, nel tempo risolte.

 

Insegne vintage: un ritorno al passato 

Realizzate in vari materiali, le insegne vintage possono variare notevolmente di valore in base alla rarità, all’età, alle condizioni e al marchio. La loro storia e provenienza sono cruciali nel determinare il loro valore sul mercato collezionistico. 

Realizzate in metallo battuto a mano, laccate e smaltate con caratteri elaborati, le insegne commemorative di marchi noti come Coca Cola, Martini o Budweiser sono considerate prodotti di qualità e dal fascino retrò; con diverse misure, materiali e tipologie, come insegne a parete, a bandiera, a pergamena, sopra vetrina o con pali, offrono molta varietà sul mercato.

 

Come determinare il valore potenziale di un’insegna vintage?

Per determinare il valore di un’insegna vintage, ecco alcuni punti chiave da considerare:  

  • Rarità: La rarità è indubbiamente uno degli aspetti più importanti per determinare il valore di insegne e targhe antiche. 
  • Età e storia: Molto spesso, più un’insegna è antica, più è probabile che sia preziosa. Con il passare del tempo, infatti, si riducono progressivamente le probabilità che ci siano in circolazione esemplari analoghi o simili. 
  • Condizioni e stato di conservazione: Le condizioni sono fondamentali per determinare il suo valore; danni come ruggine, corrosione, scolorimento o graffi possono ridurre significativamente la valuta dell’oggetto. 
  • Qualità ed estetica: Un’insegna esteticamente valida ed elegante, di forte impatto visivo e di qualità elevata sarà più interessante agli occhi di collezionisti e appassionati del genere rispetto a un prodotto simile ma di qualità inferiore. 
  • Marchio o produttore: Se l’insegna reca il marchio o il logo di un’azienda non più in attività, è molto probabile che il suo valore sia piuttosto alto, proprio perché si riducono le probabilità di trovare prodotti analoghi in circolazione 
  • Provenienza e luogo di produzione: La somma che un collezionista è disposto a pagare aumenta, in genere, con una provenienza certa e prestigiosa e, al contrario, cala per un oggetto la cui provenienza è incerta. 

Le insegne vintage, con le loro caratteristiche artigianali e il fascino retrò, attraggono appassionati e collezionisti in cerca di pezzi unici che raccontano la storia della pubblicità e del design. 

In conclusione, l’evoluzione delle insegne luminose ha attraversato millenni di storia, dalle prime forme rudimentali di comunicazione simbolica nell’antichità fino alle sofisticate tecnologie LED e al ritorno nostalgico delle insegne vintage. Questo viaggio affascinante riflette non solo lo sviluppo del commercio e della pubblicità, ma anche l’evoluzione della tecnologia e della cultura. Dall’uso dei simboli nelle civiltà antiche al boom delle insegne luminose al neon e alla recente adozione diffusa delle insegne a LED, ogni fase ha contribuito a plasmare il panorama urbano e la comunicazione visiva. Le insegne non sono solo strumenti di promozione commerciale, ma anche testimonianze della creatività umana e della storia sociale.